Intervento dell’azionista Franco Ciarcia all’Assemblea del 24.6.2013 in merito alla “questione Handling”
Promemoria per il nuovo Consiglio d’Amministrazione della SEA
L’ipotesi di cessione di SEA Handling tesa a trovare una soluzione al problema degli aiuti di Stato “così definiti dalla Commissione Europea” obiettivamente è contraddittoria. Infatti, da una parte le tesi della SEA e del Comune sostengono che le perdite ripianate dal 2002 al 2010 non sono aiuti di Stato e dall’altra propongono una via d’uscita al tema posto dalla Commissione Europea, alternativa alla restituzione dei 360 milioni più gli oneri. Sta di fatto che una eventuale cessione di SEA H con una conseguente grave parcellizzazione del settore, è ritenuta un evento infausto per i lavoratori, per la sicurezza e la qualità dei servizi.
Occorre ricordare che il Settore dell’handling, complementare al Sistema Aeroportuale, (piste- aerostazioni-reti di comunicazioni-tecnologie) è anch’esso una infrastruttura fondamentale che non può essere parcellizzata, ma deve costituire un punto di forza per il Gruppo SEA sia pure in contesto di libero mercato dell’handling.Considerata l’ipotesi di scioglimento di SEA Handling ci si domanda se i circa 5000 lavoratori del Gruppo SEA, in disaccordo con la prospettiva dello sgretolamento, abbiano un peso nelle decisioni.
E’ inammissibile che da quando la Commissione Europea ha ricevuto la denuncia (13 luglio 2006) ad oggi non sia stata fatta una disamina scrupolosa e approfondita delle reali perdite, depurandole dalle attività delle biglietterie e delle manutenzioni perché non facenti parte dell’Allegato A della Direttiva 96/67. Inoltre non è stato fatto un calcolo degli accessfee corrisposti a SEA Spa da Sea H e non pagati da altri handlers. Costo annuo per l’handling di circa 4.8 milioni di euro che in quest’ultimo bilancio non è stato più conteggiato.Sorprende che i lavoratori e i loro rappresentanti su questo tema dalle conseguenze lesive per il loro futuro siano stati informati dal management Sea solo il 27 febbraio 2013, quando ormai la situazione era giunta all’ultimo stadio, cioè alla decisione della sanzione da parte della Commissione europea. Ci chiediamo cosa sarebbe successo con questa sentenza così clamorosa se la quotazione fosse andata in porto anche per quei lavoratori che erano stati invogliati a comprare le azioni.
Finora, con la Commissione Europea che il 19 dic. 2012 ha preso una decisione gravissima, sia per gli aspetti sociali che per quelli economici ed operativi degli aeroporti di Milano, non c’è stato un opportuno contraddittorio, necessario in qualsivoglia procedura di confronto per acclarare la verità e ciò che è singolare è il fatto che non conosciamo ancora i nomi dei soggetti che hanno presentato la denuncia alla Commissione Europea sui presunti aiuti di Stato.
E’ auspicabile che la vicenda sugli aiuti di Stato venga riesaminata in tutti i suoi aspetti dal nuovo Consiglio di Amministrazione al fine di valutare gli errori commessi nel passato con l’intento di ricostruire, sempre nel Gruppo SEA, un modello industriale di Handling stabile ed inclusivo. Le posizioni della Commissione Europea sulla tutela della liberalizzazione dei servizi aeroportuali devono essere considerate un monito per creare sviluppo ed efficienza e non una condizione” sine qua non” che ci costringe a gettare l’acqua sporca e il bambino, vale a dire alienare SEAH.
La proposta di creare una NewCo per salvare capra e cavoli, cioè accontentare Bruxelles e salvare in qualche modo l’occupazione, oltre a non essere gradita ai lavoratori è controproducente per l’efficienza aeroportuale. Del resto il sistema milanese nel suo divenire industriale ha potuto garantire adeguati servizi agli utenti (passeggeri e compagnie aeree) proprio perché il Settore dell’Handling ha svolto un ruolo strategico e di compenetrazione con le infrastrutture aeroportuali.
E’ necessario un processo di ricostruzione di tutto il comparto dell’Handling affrontando gli argomenti con il buon senso e tenendo conto dell’equità in termini di sicurezza del posto di lavoro e del reddito tra i lavoratori del Gestore aeroportuale e quelli dell’Handling. Non ha futuro e non è accettabile una concorrenza nell’handling basata sulla diminuzione dei salari e sulla precarizzazione della manodopera in una realtà industriale che, nonostante la crisi mondiale, incrementa i ricavi e produce utili.
Se le perdite di SEA H, prese in considerazione dal 2002 al 2010, venissero analizzate in profondità in modo analitico scopriremmo che esistono tutte le condizioni per ricostruire SEA H in modo sobrio ed efficiente, evitando shock sociali inutili e devastanti. La discontinuità rispetto alle criticità e alle inefficienze del passato sarà data dalla buona gestione che può essere realizzata se si tiene conto che l’economia del sistema aeroportuale, composta da diversi comparti, dev’essere amministrata con rigore: ripartendo, coordinando e proporzionando le parti tra loro e col tutto il contesto produttivo. L’eliminazione degli sprechi, la trasparenza della gestione, una opportuna spendingreview e l’equità nella distribuzione della ricchezza prodotta costituiscono gli elementi basilari per il rilancio.La fortuna di un popolo non sta nella ricchezza che possiede, ma come sa distribuirla.
Come valore fondamentale non come richiamo moralistico, nei processi di ricostruzione tutti i soggetti, (management, lavoratori e loro rappresentanti) non devono perdere di vista il nesso tra etica-responsabilità ed efficienza. Sotto i nostri occhi abbiamo la realtà delle cooperative in cui il personale viene trattato cinicamente con condizioni di tipo asiatico. L’imbarbarimento è costante e pericoloso per il tessuto sociale
Personalmente sono convinto che ci sono tutte le condizioni, materiali e morali, per una ricostruzione partecipata dal basso che è senz’altro una strada preferibile alle ricette del piano B decise dall’alto nella cosiddetta stanza dei bottoni.
Ci mettiamo tutti insieme a ricostruire una SEA H efficiente, capace anche di portare elementi di razionalità nella realtà di SEA Spa e al tempo stesso di operare in una corretta concorrenza con altri handlers? Ce la possiamo fare solo se lavoriamo con lo spirito di “quel monaco che continua a piantare filari di tigli perché chi seguirà possa goderne l’ombra e l’odore”. Il lavoro oggi manca, cosa lasciamo alle future generazioni? Una moltitudine di poveri da una parte e poche sacche di privilegiati dall’altra? Dove è finito il valore dell’equità come giustizia? Perché non facciamo un bilancio sociale nei nostri aeroporti per verificare le dosi massicce di precarizzazione introdotte nel Cargo, negli handlers e in altre attività dei sedimi?
Negli anni passati la SEA ha già fatto esperienze gestionali negative, vedi Aeroporti argentini, la vendita del 20 % del pacchetto azionario della Sacbo e la vendita del 75% di Mle, perché dobbiamo alienare oggi anche SEA Handling con circa 2300 dipendenti e con un fatturato, allo stato presente, di 107 milioni di euro?
Se le infrastrutture aeroportuali, in quanto public-utilities, non private equity, hanno la missione di mettere in modo equilibratoal primo posto gli utenti, al secondo i lavoratori, al terzo il territorio e al quarto gli azionisti perché non dobbiamo fare l’impossibile per rendere possibile la ricostruzione di SEA Handling? La competizione ad armi pari con altri handlers non ci deve spaventare soprattutto per la professionalità e l’esperienza maturata dai lavoratori. Qui, penso che si tratti solo di volontà politica perché se essa c’è il contenzioso con la Commissione europea e i problemi di natura finanziaria ed economica si possono realisticamente risolvere.
Franco Ciarcia (piccolo azionista)
Milano, 24 giugno